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GIOVANNI SCOTTI

On sale for the purpose of viewing beyond the limits of the rainbow, 2016

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— On May 20, 2016, a beautiful rainbow surrounded Vesuvius...

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The book (edition of 8) contains a Certified Quality Fine Art C-print from the negative, and it's also available in a seven different monochrome covers (one for each colour of the rainbow).

IMMAGINE E MATERIA DELLO SGUARDO

In margine a On sale for the purpose of viewing beyond the limits of the rainbow di Giovanni Scotti

La realtà si tramuta in immagine nel veicolo dello sguardo: bisogna che bene si comprenda se tale immagine sia frutto di interpretazione o di descrizione. Se funzione dello sguardo fosse quella di interpretare sarà cosa giusta dubitare sul valore di tale immagine al fine di toccare con lo sguardo la realtà oggettiva. Il problema si acuisce nel momento in cui tale immagine sarà riprodotta su di un supporto materico nell’utilizzo della manualità, del gesto e del segno del soggetto interpretante. Per quanto, nella storia delle arti visive, le molteplici interpretazioni possano risultare suggestive ed accattivanti, nasce spinosa la questione sulla condivisione del fruitore con l’autore e sulla valenza di tale azione artistica al fine di evidenziare i tratti sostanziali ed essenziali della cosa. La storia delle arti visive ci insegna comunque che l’uomo non è capace di oggettivazione: il suo è un agire pur sempre soggettivante. L’uomo ben sa che un’immagine la si può valutare veritiera solo nel caso in cui si attenga il più scrupolosamente possibile alla realtà dei fatti. Di fatto il soggetto, onde oggettivare un’immagine, deve sottrarsi dal compito di immaginare, delegando a strumenti terzi la funzione di svolgere tale compito.

Nell’immagine On sale for the purpose of viewing beyond the limits of the rainbow di Giovanni Scotti l’occhio-macchina ed il supporto chimico racchiuso nel fotogramma giocano come soggetti terzi in grado di riprodurre una documentazione oggettivante del reale il più possibile scevra da ogni visione aberrata dal soggettivismo antropologico. Quell’arcobaleno di colori, che caratterizza la fotografia, in genere illumina senza veli il proprio motivo di esistere. I contorni delle cose, nel fotogramma impressionato, sono tratti salienti senza aggiunte o sottrazioni d’Altro. Nel fotogramma la cosa è lì per intero, davanti ai nostri occhi, e l’occhio umano non può operare mortificazione od esaltazione di tale cosa. Con la fotografia analogica si verifica una necessaria intermediazione tra l’uomo e la cosa onde produrre un distacco tra l’emozione o il sentimento ed il mondo reale. Solo con il fotogramma, nell’indifferente veste di supporto materico come valore di documentazione, si contempla un principio di ragione visiva impossibile da manipolare, alterare, edulcorare od adulterare. L’occhio-macchina non più creativo ma impressionato nel fotogramma dal creato - visto che la mia creatività attingerebbe pur sempre suggestioni dal creato stesso.

Con il supporto del fotogramma l’immagine diventa impersonale senza per questo spersonalizzare il fautore dello “scatto” irripetibile. Il fotogramma è pagina di verità, la fotografia è colpo d’occhio nell’attimo dell’Eterno. Basta descrivere senza remore il creato per far sì che la creatività trovi giusto appagamento. La fotografia analogica è educazione nella oggettivazione allo sguardo nella certezza del supporto impressionato. Potrebbe sembrare a prima vista paradossale, ma la destituzione sulla creatività dell’uomo non lo depotenzia: al contrario, tale sua creatività ne esce potenziata ed incanalata, con la fotografia analogica, nella capacità tutta umana di catturare l’Irripetibile e di congelarlo nella chimica del tempo futuro; il fotogramma, così, appare scolpito da un lampo di Eterno. (Cosimo Flavio Gioia, filosofo dell’inimmagine)