Il mondo in una scatola
foto di Giovanni Scotti / testi di Giovanni Chianelli
— Ogni mese il fotografo Giovanni Scotti propone percorsi, di immagini e parole, che lo hanno portato a incontrare alcune professionalità uniche di Napoli. Persone che credono nel loro speciale mestiere e che a questo hanno consacrato una vita.










Qualcuno ricorderà il film “Cocktail”, con Tom Cruise ed Elizabeth Shue. I due sono in Giamaica e chiacchierano seduti ad un baretto. Lui è a caccia dell’idea che possa fargli fare soldi. È torturato, da questo pensiero. Infatti, a un certo punto si china sulle scarpe e le indica alla fidanzata: “Questi affari di plastica che chiudono i lacci. Chi li ha inventati? Sono una cosa da nulla, ma chi li ha inventati ci avrà fatto un sacco di quattrini”. Insomma, forse sono proprio le creazioni più semplici a garantire il successo. E cosa c’è di più semplice di una scatola? Essenziali, squadrate. Logiche. Un omaggio a Platone, all’idea della forma elementare che si fa funzione. Ognuno di noi ne avrà maneggiate migliaia, da quando è al mondo. Tante che passano, presso chiunque, praticamente inosservate. Eppure, come tutti gli oggetti di larghissimo consumo, proprio come Tom Cruise
arriva un giorno in cui ti chiedi chi le costruisce.
A Napoli c’è uno che le fa benissimo: si chiama Armando e ha una bottega in via Pisanelli, in pieno centro storico.
Iniziò per caso nella prima metà degli anni ’90: “Avevo una ditta di famiglia che produceva fiori di carta per decorazioni. Andavamo fortissimo, ma la concorrenza dei cinesi all’improvviso ci rovinò. Come molte imprese dello stesso tipo dovemmo chiudere”. Un momentaccio. Tu fai bene il tuo lavoro, poi arriva quello che lo fa a meno della metà del tuo prezzo e ti inguaia. Ma Armando non è uno che se ne sta con le mani in mano a guardare i rovesci della vita. Così invece di rompersi le scatole, per una situazione del genere, pensa bene di mettersi a costruirle: “Un amico, mio vicino di negozio, mi disse che stava mettendo su questa piccola bottega. Mi lanciai senza pensarci due volte”. All’inizio non sapeva neanche come si facevano. Poi, un po’ l’esigenza, un po’ la vocazione alla pratica, è diventato tra i migliori di un ramo insospettabilmente vivace.
“Ho molta manualità e pazienza”, spiega. E si. Perché, a costruire un oggetto tanto semplice, non si direbbe ma ci vogliono forza di volontà, pratica ed estro. Fantasia, sicuro.
Sennò non si spiegherebbe il motivo per cui ha molti clienti, in vena di inscatolare con originalità un regalo. Un esempio? Tempo fa si presenta al negozio un tipo piuttosto ben vestito. Un riccone.
Uno che vuole fare un dono un po’ particolare all’innamorata: la BMW X3, un suv, una di quelle macchinone strainquinanti e lussuose da decine di migliaia di euro. E per confezionare il presente non bada a spese: “Ho dovuto costruire un’enorme scatola, tanto grande da farci entrare l’auto, direttamente nel luogo in cui era stata parcheggiata: il garage di un grande albergo”.
Costo della trovata? “Settecento euro”. Nemmeno troppi, a ben vedere, per un lavoro del genere.
Ma questo è un caso unico. Di quelli da raccontare ai nipotini. Il resto resta in un immaginario sostenibile: astucci, portaoggetti, confezioni di ogni tipo. Tutto ciò che parte da carta e cartone rigorosamente made in Campania, dalle cartiere dell’agro nocerino-sarnese che storicamente sfruttano le acque e l’orografia del territorio. Sono in molti a chiedere gli uffici di Armando. E della più varia umanità: laureandi, negozianti, sposi e artisti. “Tutti quelli che vogliono personalizzare l’involucro in cui si nasconde una sorpresa o un pensiero”. Le soluzioni sono le più svariate.
Qualcuno, più pretenzioso, fa rifiniture in oro. Il tipo essenziale non vuole neanche i colori: basta la materia grezza ad abbellire. Le cose semplici sono così. Elastiche.
Mentre parliamo sta preparando decine di portaconfetti per una laurea, tutti addobbati con il ‘tocco’, il classico cappello statunitense che finisce sul capo di chi ha appena ricevuto l’alloro. Ci si campa, con un’attività del genere? “Quanto basta. Non ci lamentiamo. E soprattutto non ci fermiamo”. Nessuno si può fermare di fronte al semplice. Al suo fianco lavora infatti, in moto perpetuo, una macchina che squaglia la colla. L’ambiente è quanto mai colorato e caotico: come molte botteghe del centro è un posto dove si bada alla sostanza. La bella mostra, sembrano dire questi esercizi, la dà la stessa confusione di mani e attrezzi all’opera.
Sotto una grande cesoia a mano trucioli di cartone e coriandoli usciti dal continuo intaglio: un bimbo là sotto impazzirebbe a giocarci. Viene voglia di prelevarne un campione, di questo mosaico involontario, e trattenerlo come testimonianza dell’incontro. Mentre il cliente cronista fa considerazioni del genere, un po’ dada, Armando sorride e lavora. Poche chiacchiere, molta gentilezza, tantissima applicazione.
“Non c’è più molto da spiegare. Può vedere da sé”, dice. Ritaglia i bordi di una parete di carta con maestria. Passa la sezione sull’incollatrice. Applica un rivestimento. Ripiega il tutto e la scatola è pronta.
Questo per centinaia di volte al giorno. Il lavoro è fatto, la vita pure.
Capito il trucco? Sono le cose. Le cose semplici.